Luigi Cherubini (1760 - 1842)
Requiem in do minore per coro e strumenti

Carlo Ceresa (1609-1679) Olio su tela conservato presso il Collegio Sant'Alessandro di Bergamo

Cori: Botta di Sotto il Monte, Ghiaie di Bonate Sopra, Locate, Ponte San Pietro e Presezzo.
Trombe: Enrico Marchesi e Marcello Giuliani - Timpani: Silvano Poeta
Organo: Pierluigi Zonca
Direttore: Domenico Gualandris

George Fredrich Haendel (1685 - 1759)
SUITE in Re Maggiore
Tromba: Enrico Marchesi - Organo: Pierluigi Zonca

Pietro Mascagni (1863 - 1945)
BENEDICTUS dalla Messa di Gloria
Baritono: Bruno Rota

George Fredrich Haendel (1685 - 1759)
THE TRUMPET SHALL SOUND dal Messia
Baritono: Bruno Rota - Tromba: Enrico Marchesi - Organo: Pierluigi Zonca

Registrato dal vivo a Presezzo il 30 novembre 1996 nella Chiesa dei Ss. Fermo e Rustico

Il concerto di Presezzo

Presentazione

Precedenti esperienze con l’esecuzione della Missa Brevis di Mozart hanno indotto i direttori dei cori a proseguire nella collaborazione per la preparazione di pagine di ampio respiro che non trovano una giusta collocazione nei repertori di una corale nell’ambito parrocchiale.
Spinti dal desiderio di valorizzare l’apporto delle corali, in questa occasione la scelta è caduta sul Requiem in do minore di Cherubini che non prevede l’intervento di solisti.
Il lavoro, iniziato a novembre del 1995, trova la sua prima esecuzione in questo concerto, grazie anche alla collaborazione di alcuni strumentisti che hanno accettato di dare il loro prezioso apporto.
Il concerto si completa con brani di organo e tromba, immancabili nelle nostre riunioni per l’ormai affiatato sodalizio tra Gigi Zonca e Enrico Marchesi, e con pezzi eseguiti da Bruno Rota, baritono di Presezzo ormai avviato ad una brillante carriera artistica.

Nella Messa da Requiem di Cherubini, il corpo del testo, vigoroso e ben plasmato, riceve linfa vitale da una musica suggestiva di estrema e squisita ricercatezza e purezza stilistica, nella sua vasta gamma di toni: ora soffusi di delicato lirismo, ora decisamente drammatico, talora festosi, sempre comunque ricchi di pathos. A livello iconografico suggerisce l’immagine di un arcobaleno, nel quale bene convivono le tinte delicate e quelle accese. Lungo la sua naturale curvatura si succedono e talvolta si mescolano sentimenti e stati d’animo diversi. L’introito e il graduale simboleggiano il motore del cristiano: la sua fede nella clemenza divina. Le voci accorate e sussurrate chiedono a Dio il dono della vita eterna per i defunti. Nel Dies Irae, la trepidazione e il timore, nell’attesa del giudizio uni-versale, sfociano in toni più accesi. L’offertorio è l’acme: qui canta la speranza nella pro-messa fatta ad Abramo ed alla sua discendenza: la meta agognata, la luce di Dio. Ideal-mente si apre lo scenario su una folla sterminata di fedeli con le mani protese verso l’alto: la loro supplica è un coro possente, armonioso, ben scandito. Il Sanctus è il tributo di gioia al padre celeste; poi seguono Pie Jesu e Agnus Dei: i toni via via si affievoliscono, si adagiano, sfumano in un’atmosfera composta e serena.